Matteo 5,1 – 12
Non
potremmo comprendere appieno il discorso della montagna, che altro non è se non
il discorso programmatico di Gesù, se non facessimo riferimento almeno nella
costruzione di Mt a due episodi che lo precedono il battesimo e le tentazioni
nel deserto.
La
narrazione del battesimo mette in chiara evidenza la scelta di quale tipo di
messianismo Gesù sceglie per sé: quello della solidarietà con l'umanità, anche
nel bisogno di purificazione esteriore dal peccato.
E
l'osservazione di Gv battista è molto forte: Io ho bisogno di essere battezzato
da te, e tu vieni a me? Ma Gesù, accettando di farsi solidale con l'umanità, compie
la volontà del Padre, di essere colui attraverso la cui umiliazione il progetto
di riconciliazione arriva a compimento.
Accettando
la volontà del Padre, facendosi umile nell'obbedienza alla sua volontà, viene
riconosciuto come l'eletto del Signore, e quindi investito del compito di
salvatore.
(4,1
– 11) Va poi nel deserto, nel luogo della solitudine per riflettere sulle
parole dei Padre: tu sei il mio figlio prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto. La certezza di essere importante per il Padre, amato e richiesto
di fiducia nei suoi confronti. E dopo quaranta giorni, stremato dalla fatica
(quindi debole anche psicologicamente) e forte della sua testimonianza (quindi
con il rischio di sentirsi bravo perché aveva resistito per tanti giorni) viene
tentato.
La
tentazione di satana è mettere in crisi Cristo la fiducia di nel Padre: ma sei
proprio sicuro di essere il figlio prediletto? Se lo sei allora fai.. ed ecco
la sequela della tre tentazioni. Ma Gesù resiste, e ancora una volta testimonia
nella prova la sua fedeltà alla volontà del Padre.
Con
queste esperienze di comportamento di Gesù alle spalle (stile di Mt che fa
precedere ai discorsi dei gesti di Gesù) ecco l'apertura del discorso della
montagna.
Innanzitutto
il contesto teofanico: Gesù salì sul monte (Horeb, è il luogo delle
manifestazioni di Dio) si mise a sedere (atteggiamento di chi parla con
autorità), raccolse attorno a sé i discepoli (att. del maestro) e prendendo la
parola disse...
Non
è un semplice discorso parenetico, e esortativo: ma la rivelazione autorevole
del Cristo Maestro e Signore = Dio che ci indica il cammino della salvezza
Mentre per Lc parla nella valle, e Mc non lo cita neppure, per Mt, preoccupato
delle difficoltà della comunità primitiva a cui scrive il contesto è quello del
grande discorso riassuntivo, che raccoglie in sé tutte le sfumature della
riflessione di rivelazione del Signore.
cfr.Lc
6,20-23 notiamo che mentre in lui la beatitudini sono presentate nella loro
nuda immediatezza (beati i poveri, chi piange, chi soffre) qui Mt ha bisogno di
attualizzare e specificare per evitare fraintendimenti svianti della primitiva
comunità. è importante fare il confronto parallelo tra i due testi.
Beati:
è la beatitudine di Dio, quella che scaturisce dall'appartenenza a Lui?
Noi
potremmo tradurre: la permanenza nella felicità. è solo dono di Dio, non
pretesa di conquista da parte dell'uomo.
I
Poveri di spirito: attualizzazione di Mt, che ha presente tutta la tradizione
VT, dove la povertà davanti a Dio indica l'appartenenza totale al Signore e
alla sua volontà. Il povero di Jahwè è colui che non ha altra concretezza,
altro punto di riferimento se non il Signore, e la sua volontà, quello che il
Signore le mette nel cuore.
L'ebraico
parla di Anawin, dall'esperienza di povertà radicale del deserto, ove non
esisteva altra sicurezza se non quella di affidarsi a chi solo poteva indicarti
la via: Dio pastore e guida di Israele.
E
l'intuizione centrale di tutto il Vangelo di Mt, l'atteggiamento di Giuseppe
(Mt) o Maria (Lc) di fronte alla volontà sconvolgente di Dio. Solo ritrovando
questa povertà radicale, tutto il resto diventa significativo.
Perché
di essi è il regno di Dio: solo loro entreranno nell'eredità vera del Signore,
che è promessa solo a chi si fida (=ha fede) fino in fondo di Lui.
Beati
gli afflitti (potremmo anche tradurre i compunti, quelli che nel cuore si sono
lasciati toccare dal pianto di liberazione dal proprio peccato): diventa logico
solo alla luce dell'esperienza radicale di povertà iniziale: anche chi piange,
chi umanamente sembra fallito entra in un progetto d'amore del Signore, e
quindi il suo pianto sarà consolato, ma nella gioia di appartenere comunque al
Signore, anche se materialmente il dolore sarà sempre forte e duro da
accettare.
Beati
i miti, perché erediteranno la terra: proprio coloro mondo sono i più deboli,
inetti, incapaci di proprio loro sono gli amati dal Signore, e solo la terra
(=la grande promessa di Dio realizzata nella logica della forza, bensì
dell'abbandono nelle che agli occhi del fare cose grandi, loro erediteranno in
Cristo, ma non mani del Signore)
Beati
...giustizia = dikaiosune: è la giustizia di Dio, non quella degli uomini: sono
coloro che amano la volontà del Signore e la mettono in pratica, a loro sarà
fatta giustizia da Dio.
Beati
i misericordiosi.. ovvio
Beati
i puri di cuore: non la purezza formale del non fare le 'brutte cose', ma puri
perché nel cuore hanno la legge del Signore, e quella amano, e realizzano nella
loro esistenza. Loro vedranno Dio (molto forte, non purità comportamento ma
trasparenza nel vivere di il rapporto con il Signore).
Operatori
= facitori di pace, più forte che pacifici, sono i veri figli di Dio, perché
vivono alla luce della sua Parola.
Perseguitati
a causa della dikaiosune: sono i testimoni = martiri veri del Vangelo, loro
possiedono già il regno. Verificare poi le antinomie o i guai di tutta la
riflessione dei capp.5-7 di Matteo.
(ORDO FRATRUM PRÆDICATORUM)